Il bambino obeso è un bambino acutamente ammalato di una malattia soggetta ad aggravarsi. Ecco perché il problema va affrontato sin dai primi anni di vita
Nel mondo sono circa 41 milioni i bambini di età inferiore a 5 anni ad essere in sovrappeso. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ammonisce: “Non basta piantare le carote in giardino nelle scuole per arginare il problema!”.
Secondo gli esperti, infatti, sono tantissimi i bambini che continuano a non mangiare tanta frutta e verdura preferendo bevande zuccherate o alimenti ricchi di sali e di grassi. Ecco perché, sempre secondo gli studiosi dell’OMS, bisognerebbe includere nelle scuole un’offerta formativa che preveda lo studio della nutrizione, affinché i giovani compiano scelte alimentari consapevoli.
L’Italia è tra i Paesi europei in cui il problema del sovrappeso e dell’obesità in età scolare è più diffuso. Il 20,4% delle bambine e dei bambini è in sovrappeso, il 9,4% è obeso e i gravemente obesi sono il 2,4%. Le abitudini alimentari di bambine e bambini sono molto distanti da quelle raccomandate per il mantenimento di un buono stato di salute nel corso dell’intera vita: un bambino su quattro beve ogni giorno bevande zuccherate e gassate e consuma frutta e verdura meno di una volta al giorno. I legumi entrano nell’alimentazione del 38% dei bambini meno di una volta a settimana, e quasi la metà di loro mangia spuntini dolci più di tre giorni la settimana.
Le conseguenze dell’obesità sulla salute di bambine e bambini sono purtroppo gravi. Il bambino obeso è un bambino acutamente ammalato di una malattia soggetta ad aggravarsi, che può accompagnarsi a complicanze cardiovascolari, muscoloscheletriche, metaboliche, respiratorie e a una diminuita aspettativa di vita. Si tratta di un problema al quale contribuiscono vari elementi. I fattori coinvolti nella patogenesi dell’obesità sono molti: costituzionali, psicologici, socio-ambientali, educativi, culturali. Quindi, l’obesità è una malattia psicosociale che coinvolge il bambino, la famiglia, la scuola, la società, la sanità stessa, l’ambiente.
I nutrizionisti italiani, oltre che ad azioni nelle scuole, puntano sull’attività fisica e sul coinvolgimento delle famiglie: le poche ore a scuola, infatti, non bastano e pertanto il consiglio è quello di passare, ogni giorno, qualche ora a giocare all’aria aperta.
Ma la strada più importante da percorrere è quella della prevenzione, che passa attraverso una serie di azioni che coinvolgono l’intero contesto sociale. È qui che entrano in gioco i genitori! Quello che i nutrizionisti consigliano è di pianificare interventi di contrasto alle abitudini che favoriscono uno stile di vita non corretto.
Prioritario è quindi che le famiglie cambino le loro abitudini: un frigo o una dispensa piena di “cibo spazzatura” rappresentano un’istigazione al consumo di tali alimenti e un forte contrasto alle politiche di prevenzione e di educazione alimentare nelle scuole. La prima prevenzione ed educazione alimentare, dunque, parte proprio tra le mura domestiche!